L’attività fisica migliora l’immunità
di Francesco Bottaccioli
Nell’ultimo decennio si può dire che è nato un nuovo settore di ricerca in rapida espansione che
potremmo chiamare immunologia sportiva. Sono sempre più infatti gli studi scientifici che cercano
di spiegare i benefici effetti dell’attività fisica ricorrendo ad accurate misure del sistema
immunitario in persone con regolare attività fisica.
Netta è la differenza tra “camminatori” regolari (5 giorni a settimana, 30-45 minuti per volta) e
sedentari nell’ammalarsi di raffreddore e in generale di infezioni respiratorie del tratto superiore
(rinofaringiti, tracheiti, tonsilliti). Chi fa attività fisica nei mesi invernali dimezza i tempi di malattia
rispetto ai sedentari.
Molto indagata anche l’attività fisica prolungata, amatoriale ma anche di tipo agonistico. Le
conclusioni degli studi sono molto nette: mentre un regolare e moderato esercizio fisico tonifica il
sistema immunitario, uno sforzo eccessivo e prolungato, anche in soggetti allenati, può provocare
una immunosoppressione rendendoli più vulnerabili alle infezioni.
Questa maggiore suscettibilità alle infezioni è stata ripetutamente documentata anche in soggetti
allenati, come i maratoneti, con un’incidenza di malattie del tratto respiratorio superiore oscillante,
a seconda degli studi, tra il 20% e il 60% dei soggetti, anche in relazione all’entità dello sforzo.
Sembrerebbe infatti che fino a 21 km di corsa l’incidenza dei disturbi respiratori sia minima; cresce
invece con il crescere della distanza percorsa. È noto che la maratona classica è circa 42 km, ma in
una maratona in Sud Africa, nei primi anni ’90 del secolo scorso, i partecipanti hanno percorso 56
km, con un’altissima incidenza di infezioni respiratorie successive allo sforzo: il 68% degli atleti.
Interessante è anche segnalare che, benché alcuni studi documentino una buona riduzione dei
disturbi tramite l’assunzione di vitamina C e di glutammina (nella fase preparatoria alla gara e
immediatamente dopo) e tramite l’uso di bibite a base di carboidrati durante lo sforzo, altri studi
non hanno replicato questi risultati, rafforzando l’idea che andrebbe evitato uno sforzo prolungato
anche in soggetti giovani e allenati.
Ma quali sono i meccanismi molecolari alla base degli effetti dell’attività fisica sull’immunità?
Anche i muscoli dello scheletro, al pari del tessuto adiposo, si è scoperto che rilasciano citochine,
battezzate miochine. Il nome è diverso, ma le molecole sono sempre quelle: IL-6, IL-1, TNF-α, le
citochine della prima fase dell’infiammazione. Quindi i muscoli reagiscono all’attività fisica e a
un’infezione allo stesso modo?
No, non è così. Prove sperimentali su animali e umani dimostrano che la sequenza e l’entità delle
citochine è profondamente diversa in corso di attività fisica moderata e in corso di infezione.
Nel caso dell’infezione, la prima citochina che viene rilasciata è TNF-α. Da questo primo stimolo
partono poi le altre due, la IL-6 e la IL-1, e con loro, tutta la cascata infiammatoria.
L’attività fisica invece rilascia dai muscoli IL-6, la quale attiva un’altra sequenza, fatta di citochine
antinfiammatorie.
Resta il fatto che, con tutta probabilità, la via dell’IL-6 non è l’unica con cui l’attività fisica esercita
un effetto regolatore sul sistema immunitario.
Anche l’adrenalina, che sotto esercizio aumenta nettamente, esercita un effetto antinfiammatorio
inibendo il TNF-α.
In conclusione, gli effetti dell’attività fisica, moderata e adeguata alla propria età, alle proprie
condizioni fisiche e al proprio livello di allenamento, sono di regolazione antinfiammatoria
dell’attività immunitaria. Tutte le malattie di tipo infiammatorio possono quindi giovare di un
sapiente e costante esercizio fisico. Ma anche quelli che d’inverno si ammalano spesso, invece che
imbottirsi di aspirine e simili, facciano qualche bella corsetta!
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